capsula del tempo

Una cartolina postale è: la fotografia, la testimonianza di un tempo passato. Un ricordo, ma anche un segno inciso, sociale, che racchiude tutto il viaggio che ha percorso, dal dipinto o dalla foto che è stata studiata o realizzata, poi stampata, ed infine posta in vendita in un’edicola. Dobbiamo immaginare le mani di chi l’ha osservata fra tante, che l’ha acquistata con la moneta ed il valore di quel tempo. Oggi non avrebbe più valore quel denaro pagato. Il francobollo acquistato, che contiene una figura distinguibile, e che rappresentava l’aver pagato per il trasporto di quel cartoncino.
L’inchiostro del pennino stilografico, le onde e riccioli di una calligrafia armonica ormai quasi persa.
Il contenuto ridotto, quasi un “tweet” di 140 caratteri digitali. Con la differenza che al posto di essere immediata la consegna, all’epoca era necessario imbarcarla su una nave, che navigava per mesi prima di raggiungere il porto di destinazione, e lo stesso tempo serviva per ricevere la risposta. Fra una e l’altra c’era tutto il tempo per scrivere un libro.
L’immagine ritratta non era mai personale, era sempre un luogo o monumento che suscitasse un ricordo, o la bellezza percepita come si faceva allora, per le cose semplici, come le piazze, le chiese, il mare, un tramonto. Un post Instagram al rallentatore.
La dimensione delle parole scritte ci dava subito l’idea di quanta fatica era stata fatta per farci stare dentro tutto il nostro pensiero. Nel cartoncino giallognolo c’era lo spazio per il nome e cognome, e per l’indirizzo del ricevente, ma non c’era che la firma di chi la inviava.


La cartolina in foto risale al periodo del 1924 in cui il Fascismo al potere in Italia, utilizzava i timbri postali per l’annullo dei francobolli, per fare “propaganda postale” in questo caso pubblicizzava l’olio d’oliva più buono del mondo.
93 anni fa, un viaggio pazzesco, passato di mano in mano, fino al sacchetto della spazzatura o del rigattiere, che l’ha messa in vendita sul suo banchetto al mercato, per arrivare fino a me.
Quante mani, quante impronte, quanti chilometri, quanta emozione vissuta ogni volta che qualcuno prende in mano questa vecchia carta.
Quanta curiosità nel leggere le comunicazioni private di quasi 100 anni fa. Quei messaggi di saluto o affetto che dovevano raccontare che chi scriveva pur essendo lontano era ancora in vita e stiva bene.
Una dimostrazione di come un semplice oggetto di carta possa rappresentare un’epoca.
Oggi lo possiamo fare con una tecnologia che ci permette di lasciare un messaggio per 300 anni, si chiama Dyamer, ma questa è un’altra storia.

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