ospiti indiscreti dell’universo

(primo sfogo personale)
Vorrei scendere al bar, sedermi nella saletta e riscrivere la mia vita!
«Sì, perché oggi la terra ci vomita addosso. Non basta il dolore della vita vissuta, o le vite spezzate; ci voleva anche un virus ingannevole e malandrino, che oltre che a produrre morti, ha prodotto anche stolti».
Voglio riscrivere quello che sarebbe successo, se non ci fosse stata l’inchiodata del lockdown. Ogni attimo, ogni sentimento, ogni buon proposito che è fuggito, disintegrandosi sulla nostra speranza.
Molti come me, partivano dalla data commerciale più propizia e precedente, che era il 14 febbraio, San Valentino, una data che non verrà ricordata nel 2020, perché meno importante di tutto quello che seguirà. in quei venticinque giorni, abbiamo organizzato e realizzato tutte le attività promozionali per festeggiare un anno dalla costituzione della nostra startup, ma sopratutto l’evento di festeggiare l’8 marzo come il primo giorno che Eternity, la nostra attività, aveva un prodotto da mettere in vendita sul mercato. Tutta la spinta, la determinazione si infransero in un secondo. Non era una situazione da poter superare, bisognava subirla: punto.
Pochi giorni prima avevo rilasciato una bellissima intervista a Il Giorno, che aveva suscitato interesse, ed eravamo stati contattati, grazie a quel articolo, da aziende e negozi che volevano provare a rivendere il nostro prodotto.
Tutto sapeva di buono, e fra le labbra avevamo un largo sorriso che era la nostra cornice quotidiana.
Poi fu il buio. Del non sapere, della paura, della marea che ci stava travolgendo e della quale nessuno sapeva niente. Non era mai accaduto in tempi moderni, di vivere una pandemia, in piena regola con tanti morti e blocco totale di tutto e di tutti. Un’intera popolazione bloccata in casa ad inventarsi come passare il tempo e non pensare al COVID19.
«Ma cosa sta succedendo, sono dentro ad un sogno?»
Purtroppo nò! La vita per molti è finita, ma anche per chi rimane è in parte finita. I miei ricordi sono degli anni 80, in cui la spensieratezza, la voglia di emergere era il traino. Tutti pronti a studiare o a lavorare duro facendo gli straordinari, con l’idea di costruire un futuro, anche per le generazioni future. Poi le varie guerre, l’entrata nell’euro, il crollo delle torri gemelle, i sogni che si sono infranti. Quella serenità non c’è più! Oggi sento la stessa sensazione, come se qualcosa che avevamo conquistato, duramente, fosse fuggito via, non c’è più. «Lo potrei paragonare ad uno scrittore che perde l’ispirazione». Siamo immobili ad aspettare che tutto torni come prima, ma non succederà. Siamo soli, più poveri di prima, folli nel nostro perseverare, ma illusi di sogni che avevano valore prima di marzo 2020, oggi bisogna insegnare al cervello a sognare in modo diverso. «Metti in conto che potrebbe non accadere» un po’ come aver cancellato la possibilità di sognare positivo.
Tante volte sulla terra l’uomo ha dovuto scontrarsi con la “peste”, e ha quasi sempre perso o pagato tributi di vite umane consistenti. Oggi, è più difficile accettarlo, perché l’evoluzione umana e tecnologica è talmente ad alti livelli, che la mente umana si illude di prendere delle particelle, inserirle in un computer quantico, o in un acceleratore di particelle, per ricevere in tempi brevi la soluzione, ma così non è!
Soli nell’universo che “non abbiamo creato”, ma dove siamo ospiti, e per molte volte, indiscreti. Abbiamo la capacità di distruggere con un click, tutto quello che ci circonda, ma non siamo in grado di ricostruire una vita.
Siamo fantocci di carta pesta, che si muovono in un rituale umano, che ciclicamente annienta se stesso. Stiamo cercando di uscire da quanto accaduto, ma che è ancora qui, progettando il domani, ma senza studiare cosa ci ha portati ad arrivare fino qui. Non basta cambiare un vestito, stare lontani uno dall’altro, se la principale malattia che ci accumuna tutti: la stupidità. Non si riesce a debellarla.
Ieri abbiamo seppellito un’altra persona cara, e pur non essendo più qui, non ha potuto scegliere, si è dovuta adeguare agli spazi che un Comune, una legge, la vita che noi continuiamo, sta creando tutti i giorni. Quasi che lo spazio per le nostre spoglie non sia disponibile. Non puoi morire e decidere di stare vicino a tuo marito che ti ha anticipato di quattro mesi, perché lo spazio non c’è. Questa è la vita che stiamo costruendo, la stessa che dopo otto mesi di carte e certificazioni non ti rilascia una visura camerale, prima del covid perché oberati, post-covid perché tutti gli operatori lavorano in smart working, e non riescono a processare da casa tutti i documenti che arrivano in Camera di Commercio. Come se il COVID, ormai fosse la scusa impostata come risponditore automatico. Possibile che in un mondo in cui ci spostiamo a velocità di 40.000 km orari verso la stazione spaziale, le popolazioni della terra rallentano e si accontentano, frenando tutti quelli che vogliono viaggiare a velocità supersonica? Questi anni venti del millennio rappresentano il più brutto traguardo della popolazione mondiale, che si specchia nella realtà quotidiana, dopo aver millantato per anni, traguardi incredibili, che oggi non servono a nulla.
«Voglio la luce!»
Quella vera, quella che ti scalda e ti sveglia, quella che ti consente di guardare al buio, che ti crea un fascio di sicurezza intorno. Siamo tutti al buio, e finché qualcuno non riaccenderà di nuovo una luce, mi spiace per gli illusi, saremo dentro ad un ambiente virtuale, in cui l’illusione ci guiderà verso traguardi irreali.
Quale sarà la “lampadina di Edison degli anni 30 del millennio?»

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